L’arte della danza erotica nella Napoli di un tempo

Come disse il famoso drammaturgo irlandese George Bernard Shaw ‘la danza è l’espressione verticale di un desiderio orizzontale’, in pratica un corpo che danza è carico di una forza seducente e provocatoria ed ha un suo potere sessuale quanto meno pari ad un altro corpo disteso ed intento a fare sesso. Effettivamente il corpo umano può sedurre con poco, ed a volte basta solo una movenza sexy, uno sguardo ammaliante o una carezza per accendere il desiderio in chi guarda, ma questa non è affatto una novità; se facciamo un salto indietro nel tempo infatti, ci accorgiamo di quanto era diffusa e praticata la nobile arte della danza erotica in epoche antiche.

Sotto quest’aspetto Napoli ha molte storie da raccontare, non solo perché è già di per se una città con secoli e secoli di storia, ma soprattutto perché sono emerse testimonianze, molte delle quali all’interno degli scavi di Pompei ed Ercolano, che le donne napoletane adoravano danzare e mostrare i loro corpi agli uomini eccitati, tradizione che si è in un certo senso conservata nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri. Si, perché ancora oggi in effetti esistono dei locali per adulti in cui è possibile ammirare donne che danzano; anticamente erano le prostitute ad esibirsi per catturare l’attenzione degli avventori dei locali, oggi invece si possono incontrare bellissime escort napoletane che si muovono in modo sensuale ed erotico mentre sorseggiano il loro spritz in alcuni locali del centro storico.

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Oggetti ed affreschi erotici negli scavi di Pompei ed Ercolano

Specchi di bronzo, vasi decorati a mano e raffiguranti danzatrici che si esibivano davanti a guerrieri dal grandissimo pene, grandi alari, recipienti in ceramica per profumi, olii per il corpo e spezie di ogni genere, affreschi a parete, e tantissimi altri reperti scabrosi emersero già quando, in età borbonica, iniziarono gli scavi archeologici nelle città vesuviane più colpite dalla drammatica eruzione del Vesuvio, ed in alcuni casi furono gli stessi operatori a restare allibiti nel riportarli alla luce.

Ritrovarono la luce sculture, affreschi ed ‘oggetti osceni’ a sfondo erotico e pornografico, ma vennero immediatamente custoditi in apposite aree il cui accesso era riservato unicamente a studiosi ed archeologi, e mai messi a disposizione dei visitatori degli scavi. Il simbolo fallico era presente praticamente ovunque, evidenziato perfino in alcuni oggetti di comune uso domestico come brocche per acqua o vino, pentole, ed oggettistica di vario genere, cosa che creò molto scalpore già in epoca borbonica, periodo in cui probabilmente le persone non avevano neppure idea di quanto si fossero divertiti i popoli antichi.

Censure e divieti hanno impedito la divulgazione dell’arte della danza erotica

Visti i continui e scioccanti ritrovamenti di reperti ‘scabrosi ed osceni’, così come furono definiti dagli stessi Borboni, si decise dunque di allestire un apposita sala riservata, chiamata ‘gabinetto segreto’, nel famoso Museo Ercolanense di Portici, luogo in cui furono custodite per qualche tempo tutte le suppellettili visionabili soltanto da studiosi ed esperti, per finire poi nel Museo Archeologico di Napoli, dove oggi sono invece visionabili in una mostra aperta al pubblico.

Fu per l’esattezza Francesco I di Borbone a ‘censurare’ in un certo senso tali reperti, e pare che prese questa decisione nel 1819 quando, in visita al Museo con moglie e figlia, rimase talmente imbarazzato e scioccato davanti ad un contenuto così palesemente di carattere sessuale e pornografico, che decise di allestire il ‘gabinetto segreto’, al quale potevano accedere solo ‘persone di matura età e di conosciuta morale’. Ben presto tale censura si rivelò però essere controproducente per lo sviluppo di tutte le attività turistiche e, non potendo visitare il ‘gabinetto delle oscenità’, molti viaggiatori cancellarono la città partenopea dai loro itinerari di viaggio.

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La danza erotica e la prostituzione nelle osterie

Sempre all’interno degli scavi, sono emersi ritrovamenti e tracce di due gestori di antiche osterie (pare che i loro nomi fossero Africanus e Victor) che gestivano un bordello molto ben avviato e con un giro di clientela di tutto rispetto; man mano che gli scavi proseguivano, le testimonianze che l’attività delle osterie e taverne che all’interno offrivano anche un servizio di danzatrici erotiche che poi si prostituivano al miglior offerente venivano fuori sempre con maggior frequenza.

Se si considera che una cittadina come Pompei era abitata all’epoca dell’eruzione del Vesuvio da circa 8-10.000 abitanti, è certamente un dato significativo sapere che c’erano circa una cinquantina di questi posti distribuiti sul tutto il territorio, specialmente in prossimità degli incroci tra le strade più frequentate come le nazionali e le provinciali, dove i viandanti potevano trovare ristoro ed offerte di carattere sessuale a prezzi contenuti. Saranno cambiati i tempi, saranno cambiati i modi di definire certe cose, ma la cosa certa è che ancora oggi (sebbene con caratteristiche e forme diverse), quest’attività è ancora molto in uso.